La lezione di radicamento del Don Bosco
Ciò che chiamiamo abitualmente progresso ha tra le sue proprietà più persuasive l'astrazione del reale a simbolo numerico. Questo ci consente, tra l'altro, di estrarre dal caos del reale il dato del mutamento del clima di un certo numero di gradi; una serie storica di precipitazioni osservate sotto diversi aspetti quali frequenza e intensità; il rapporto di questi dati con la distruzione delle foreste e l'espansione della società industriale.
D'altra parte, ciò che chiamiamo abitualmente progresso ha tra le sue proprietà più perniciose l'astrazione del reale a simbolo numerico. Questo ci impedisce, tra le altre cose, di mettere in relazione la distruzione di quel preciso bosco, la costruzione di quella determinata strada, con le mutazioni del clima, con la tossicità dell'aria e l'irregolarità delle precipitazioni, perché l'incontro tra questi aspetti avviene solo nell'empireo dei numeri, e non già nel mondo reale. Così chi governa le parole potrà dire, usando i numeri come ambasciatori e come maschere, che quell'asfalto, quell'autostrada, quel passante autostradale o quell’infrastruttura per tram, pur vistosamente deleteri, porteranno meno tossicità; che quell'abbattimento di alberi, compensato in numero chissà come e dove, porterà, al contrario dell’evidenza, più verde (it.: green). Allo stesso modo, essendo tutto ridotto a numero, e in numero travisato, potrà accadere che studiosi che fanno della moltiplicazione degli alberi il proprio Leitmotiv siedano in comitati costituiti da amministratori abbattitori seriali di alberi. Una eventuale divergenza di opinioni, se mai vi dovesse essere, assumerebbe infatti solo la forma - del tutto innocua per il potere - di parole numeriche.
Non così al Don Bosco. L'amico M., che ha sapere di piante, mi mostra ciò che rimane di quelle stroncate. Questi erano frassini, mi dice, vedi che il tronco è già asciutto; un tempo si usava per farne sci, perché è robusto e flessibile. Il pioppo invece, e mi mostra quello enorme, abbattuto, ha il legno più umido, lo vedi nel taglio. Il pioppo piange, mi traduco infantilmente. Al Don Bosco gli alberi, quelli caduti e quelli che in piedi combattono silenti, sono concreti e astratti a un tempo stesso. Sono proprio quegli alberi lì da conservare; e proprio quegli alberi concreti, capaci di essere solo sé stessi, divengono esempio e monito degli altri alberi altrove, di quelli che solo astrattamente sappiamo pensare. Questa è la lezione del Don Bosco, degli alberi e delle persone che vi si sono raccolte attorno, abbracciandoli con atti e parole. Una lezione da meditare. Una lezione sul radicamento.
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